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domenica 12 agosto 2012

Quando le donne sono peggio degli uomini


L'estremismo è una brutta cosa.
Lo si può, entro certi limiti, accettare da un adolescente, per cui è tutto bianco o nero in virtù di una fisiologica idiozia. Ci siamo passati tutti. Ci si aspetta, tuttavia, che dopo i vent'anni si impari che sono le sfumature di grigio a contare.
Mi occupo di violenza sulle donne per lavoro, quindi posso dire di saperne un po'. Non è facile, anzi, certe volte è talmente pesante che ti verrebbe voglia di rinunciare. Non solo per le situazioni con cui vieni in contatto, ma soprattutto per la dilagante ignoranza che ti circonda. Parlo di ignoranza in senso ampio, conoscitivo e culturale e che, sia ben chiaro, non riguarda solo gli uomini. Forse è proprio questo l'aspetto più intollerabile.
Quando si parla di violenza di genere, sono due i sentimenti dominanti: il desiderio di giustizia e la necessità di informazione. Vorresti, in altre parole, tutti gli aggressori dietro le sbarre e la popolazione consapevole del fenomeno. Forte di queste esigenze, provo un devastante senso di rabbia quando leggo che ci sono gruppi di donne che fanno di tutto per strumentalizzare un fenomeno preoccupante.
Sto parlando delle cosiddette nazifemministe.
Sono, manco a dirlo, piuttosto numerose negli Stati Uniti, ma di fatto operano a livello mondiale. Mandrie di invasate, il cui scopo sarebbe quello di ridurre il genere maschile al minimo indispensabile per la conservazione della specie, proclamando l'indiscutibile superiorità genetica della donna sull'uomo. Che va bene come argomentazione, se si chiacchiera da scemi fra amici, ma che fa accapponare la pelle se considerata seriamente.
Come funziona? In pratica le esponenti di questo movimento fanno di tutto per "eliminare" la controparte maschile: inventano violenze che non ci sono per far incarcerare innocenti, diffondono dati assolutamente fasulli sul fenomeno. La cosa che mi ha fatto riflettere è l'aver appurato che anche quotidiani seri come il Corriere della Sera alla fine diventano vittime della malainformazione (oddio, basterebbe che i giornalisti facessero meglio il proprio mestiere, certe volte). Nel novembre 2011 è stato pubblicato un articolo in cui la violenza di genere risultava la prima causa di morte al mondo per le donne dai 14 ai 44 anni. Vi dirò, non è la prima volta che sento questo dato. E' venuto fuori anche durante una delle riunioni della nostra Rete Antiviolenza ed erano in molti dei membri a credere fosse vero. L'essere medico, per professione ossessionato dalle statistiche, in questo caso aiuta. Parendomi impossibile, sono andata sul sito dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (per inciso, l'ente che ha lanciato l'allarme in merito alla violenza sulle donne) ed ho spulciato i dati sulla mortalità della popolazione femminile mondiale. E' una cosa che può fare chiunque, anche chi scrive sui giornali.  La violenza di genere non è nemmeno nella top ten.


Questo cosa vuol dire? Chiunque pensi che il significato del dato sia la scarsa importanza del fenomeno, sbaglia. Non è fra i primi dieci, ma poco sotto. Il che, considerando tutte le possibili cause di morte, è un dato agghiacciante. Un'informazione sensazionalistica che si rivela fasulla, ha come effetto quello di sottrarre credibilità anche al dato reale. 
Per quanto riguarda il fenomeno della violenza di genere, poi, non è necessario esagerare. Che il 75% delle donne italiane abbia, almeno una volta nella vita, subito una qualsiasi forma di violenza da parte di un uomo, mi pare di per sè sufficiente. 
Facciamo informazione seria, per una volta.
Smettimola, ad esempio, di riempire i telegiornali di donne stuprate nei parchi per brevi periodi (generalmente estivi, quando c'è meno da raccontare), magari a ridosso di una legge fresca fresca, dimeticandocene per il resto dell'anno. Ma, soprattutto, parliamo della violenza domestica, con buona pace del Vaticano. Perchè nel Paese della Famiglia, è fra le accoglienti mura delle nostre case che si consuma la stragrande maggioranza delle violenze. Diciamo che nelle nostre famiglie perfette, le donne subiscono quotidianamente umiliazioni, percosse, privazioni. 
Diciamo anche, però, che sta aumentando il fenomeno della violenza sugli uomini. 
Non si può ignorare un uomo maltrattato dalla propria compagna solo perchè ce ne sono altri dieci che maltrattano. E' intellettualmente inaccettabile, oltre che potenzialmente pericoloso. Se si assiste all'alba di un fenomeno negativo, occorre interrogarsi sulle ragioni della sua comparsa e su come si possa fare per arginarne l'evoluzione, solo così si possono costruire campagne di prevenzione ed educazione. Dobbiamo insegnare ai nostri figli che la violenza, l'insulto, la costrizione non sono modelli da seguire e non commettiamo l'errore di pensare (e suggerire) che in fondo se una donna picchia un uomo si può far finta di niente, in ragione di tutte le sue simili che subiscono sorte opposta.
Il principio di pari opportunità è sacrosanto, cerchiamo di non sostenerne un'aberrazione.
  

1 commento:

  1. In effetti, accade anche così. Una mia amica che fa l'insegnante in carcere mi ha parlato di almeno due casi di uomini che si sono fatti anni di galera per stupro, prima di vedere miracolosamente riconosciuta la propria innocenza (la condanna era avvenuta solo "sulla parola" della donna). E altri forse quell'innocenza non l'hanno vista riconosciuta mai. Certo, il caso opposto, la violenza maschile vera impunita, è cento volte più numeroso. Ma questo non giustifica. Ci sono mille ragioni (rancore, vendetta, ripicca, gelosia eccetera) per cui una persona donna può accusare ingiustamente una persona uomo di cose orribili. E non tenerne conto alla fine nuoce a tutti, donne e uomini.

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