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sabato 24 novembre 2012

Ragazzi fragili




Parliamone.
In questi giorni siamo bombardati da commenti e gesti di solidarieta' per Andrea, suicida a quindici anni. Di questo ragazzo nessuno di noi sa nulla, se non quello che ci viene riportato dai giornalisti. Ma di loro, perdonatemi, mi fido fino ad un certo punto. Si e' ricostruita una storia che definirei "facile": Andrea era eccentrico, amava vestirsi di rosa, truccarsi e dipingersi le unghie, quindi era gay; i suoi compagni lo prendevano in giro per questo, lui si e' impiccato tirato giu' dal peso della derisione. Fine della storia, in stile fast food mediatico.
Poi, fra un mesetto, di Andrea ci saremo dimenticati tutti.
Che la sua storia finisca nel dimenticatoio e' anche legittimo. In fondo di lui si parla perche', suo malgrado, era un "personaggio" e la sua storia e' semplice da raccontare. Ci sono tanti ragazzini meno appariscenti che vivono il suo dramma e di cui non sapremo mai niente.
Ma, a ben vedere, siamo certi di avere un quadro chiaro della vicenda? Non so voi, ma io non mi sento, in coscienza, di sentenziare ne' in un senso ne' nell'altro.
Cosa sappiamo di Andrea?
La madre dice che era stravagante, ma assolutamente non gay; se fosse stato omosessuale ne avrebbero parlato e lei avrebbe compreso. Il nonno ribadisce che non era assolutamente gay e che la ricostruzione di questi giorni e' infamante. Gli insegnanti lo dipingono come un ragazzo ironico e autoironico, in grado di dare il giusto valore allo scherno dei compagni, assolutamente non gay, anzi innamorato da anni di una compagna.
Permettetemi alcune osservazioni.
Prima di tutto ho qualche dubbio che la famiglia sarebbe stata cosi' "aperta" ad un eventuale coming out di Andrea, altrimenti non mi spiego tutto questo affrettarsi a sottolineare la sua eterosessualita'. Chi giudica "gay" un'offesa, non mi pare tanto di larghe vedute.
Se sei eccentrico a quindici anni non hai vita facile; a quell'eta' si e' costituzionalmente idioti e straordinariamente perfidi. Nessun insegnante con un po' di sale in zucca puo' onestamente affermare che le continue e crudeli prese in giro dei compagni non abbiano effetti. E' altrettanto vero che non tutti i ragazzi derisi si suicidano. E anche che non e' cosa comune che un ragazzo di quindici anni si trucchi e si smalti le unghie.
Immagino, quindi, che la verita' sia piu' complessa di quella giornalistica.
Andrea doveva essere un ragazzino particolare, certamente con qualche nodo da sciogliere che i suoi compagni hanno, inconsapevolmente, aggrovigliato. I nodi troppo stretti tolgono il fiato e senz'aria non si vive...
Il punto non e' che lui fosse o meno gay, nemmeno di che colore portasse i pantaloni e, oso, neppure cosa gli dicessero i suoi compagni.
Il punto e' che a tutti, ormai, mancano due requisiti fondamentali per vivere civilmente: comprensione e tolleranza.
Perche' Andrea sentiva il bisogno di essere cosi' diverso dagli altri? Cosa c'era dietro alla sua (costruita?) allegria? Perche' nessuno insegna piu' ai propri figli ad avere rispetto per le differenze, qualunque esse siano? I ragazzi che deridono il compagno "strano", fanno il loro mestiere di adolescenti rincretiniti dalla tempesta ormonale. E' molto facile prendersela con loro. La responsabilita' vera e' di chi li cresce e li educa, oltre che di chi ha il compito di formarli culturalmente. Siamo noi genitori che dobbiamo insegnare ai nostri figli che se un loro coetaneo si veste, si comporta, ama in modo diverso puo' essere un interessante fonte di confronto e non qualcuno di cui diffidare. Che e' un sacrosanto diritto di ciascuno esprimersi come meglio crede, nei limiti sanciti dalla liberta' altrui. La realta' e' che i ragazzi sono il riflesso degli adulti che li circondano, su questo dovremmo fermarci a pensare. Allora la domanda e': i "grandi" intorno ad Andrea lo hanno mai ascoltato e guardato "davvero", superando il rosa dei pantaloni? I genitori si erano posti il problema? Gli insegnanti cercavano di mettere freno ai dileggi scolastici? O lasciavano fare perche' lui era intelligente e "maturo" per incassare quelle offese? A quell'eta' ogni insulto e' una pugnalata, se gli educatori non lo capiscono allora siamo messi male.
Andrea aveva conflitti profondi, che aveva deciso di colorare di rosa.
Se tutti noi ci fermiamo all'aspetto piu' "morbosetto" della vicenda, pur con tutte le azioni solidali che possiamo inventarci, non facciamo altro che maquillage alla nostra superficialita'. E non siamo tanto diversi da chi lo prendeva a gabbo. Solo piu' vecchi.


giovedì 22 novembre 2012

Fiction e medicina

Ci sono due cose che proprio mi piacciono: la medicina e il cinema. Mi vanno a genio quando sono ben fatte. La prima e' una cosa seria, la seconda va bene anche quando non lo e', il che ne fa un passatempo meraviglioso.
E' curioso come la combinazione delle due dia quasi sempre luogo ad un'aritmetica bizzarra, che non prevede un risultato esatto.
Direi che i principali bloopers di area medica si possono grossolanamente dividere in due categorie: radiologica e rianimatoria.
Mi spiego.
Al cinema, arte visiva e immediata, si tende a raccontare anche tramite suggestione; per questo e' tutt'altro che raro l'utilizzo di simboli. E cosi', quando si deve introdurre l'argomento "medico" ci si avvale nella quasi totalita' dei casi del potere evocativo della Radiografia. Spuntano come funghi diafanoscopi accesi ad illuminare ossa d'ogni sorta, nei posti piu' incredibili. Non e' escluso, a tal proposito, che Roentgen si rivolti nella tomba almeno un paio di volte a film/telefilm. Perche' quasi mai le immagini sono orientate in modo sensato. Generalmente, nel caso degli Rx del torace per ben che vada il cuore e' a destra. Se, invece, ci si avvale di piu' peculiari Rx dell'addome, ci si ritrova ad osservare pazienti che camminano sul diaframma e respirano con il bacino. Ricordo di aver visto (non so dire in quale fiction d'oltreoceano) una lastra attribuita ad una paziente in cui spiccava un inequivocabile vessillo maschile (orientato a sinistra, come vuole la legge dei grandi numeri). Probabilmente non sono molti gli spettatori che fanno caso a questi errori e, tuttosommato, non hanno grossa importanza: possono, tuttalpiu', irritare qualche medico con uno sfumato DOC come la sottoscritta. Per fortuna va in soccorso all'arte narrativa il potere della tecnologia. Le familiari immagini della radiologia tradizionale sono scalzate dalle piu' avvenieristiche TC (TAC, per i piu'), che in virtu' delle loro dimensioni sono intellegibili. Potrebbero mettere le scansioni di una mortadella gigante e non se ne accorgerebbe nessuno...
Piu' serio, secondo me, e' il raccontare erroneamente come si rianima un paziente.
La scena tipo e' la seguente: il poveretto di turno va in arresto cardiaco, tutti corrono, si agitano e gli volano sulle piume. Eseguono un massaggio cardiaco che probabilmente non gioverebbe nemmeno alla Barbie, intubano continuando a massaggiare (che equivale a centrare la cruna col filo saltellando sul tappeto elastico) e alla fine, dopo aver gravemente constatato che il monitor e' tagliato in due da una linea piatta, afferrano le piastre del defibrillatore e friggono il paziente.
Per chi non lo sapesse, il defibrillatore su una linea piatta ha l'effetto della pomata all'arnica su una ferita da fucile a canne mozze. Cioe' proprio non dovrebbe nemmeno sfiorarti l'idea di usarlo. Ma si rientra nel campo dell'immediatezza narrativa e della simbologia. E poi vuoi mettere la siddisfazione di ululare "Libera!"?
Sembrera' anche questa una sottigliezza da urgentista fissata, ma credo sia qualcosa di piu'.
Il punto e' che lo spettatore medio crede a quello che vede, soggiogato dalla magia dello schermo, grande o piccolo che sia. E si illude di imparare, persino. Se osserva la riproduzione di una scena reale, da' per scontato che venga raccontata con precisione.
Quando, malauguratamente, si trova difronte alla stessa situazione nella vita vera, si aspetta di assistere al medesimo spettacolo e raramente ha la lucidita' di capire che la verita' non e' quella della pellicola.
Quindi se vede che non defibrilli un'asistolia ti tratta come un cretino e corre dall'avvocato.
Esattamente come viene in Pronto Soccorso per paura di avere la psittacosi perche' ha un po' di tosse da qualche giorno, sul tetto di casa ci sono i piccioni e la sera prima ha visto fare la diagnosi dal dottor House (e non e' una battuta).
La mia domanda e': ma non ci sono consulenti medici? Dobbiamo lottare anche contro la disinformazione in cinemascope?
Per fortuna a farci fare bella figura pensano le fiction nostrane.
Qualche anno fa ebbi la malaugurata idea di sintonizzarmi su una puntata di "Medicina Generale". Proprio in quel momento un paziente ricoverato fu squassato da una inaspettata crisi epilettica. Il medico non perse la calma e ordino' perentoriamente:"Infermiera, presto, gli faccia un'iniezione!" (affermazione corretta"Infermiera, presto, somministri 10 mg di diazepam/4mg di lorazepam in 100 cc di fisiologica"; avrebbe potuto andare peggio "Infermiera, presto, gli faccia una puntura!")
L'infermiera rispose:"Certo dottore!"
(risposta credibile di infermiera sensata " Dottore e' scemo? Non e' mica Ciocciobello bua...").
Cambiai immediatamente canale. Il sentimento immediato fu di scandalizzata delusione, sostituito a ruota da divertito sollievo.
Il giorno successivo avrei certamente fatto una figura migliore.