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giovedì 16 aprile 2015

Il primo capitolo del terzo volume. La sua bozza, quantomeno.

  
Per i lettori del primo e del secondo volume, ecco la bozza del primo capitolo del terzo.
Ma non fatevi ingannare. La storia sarà cattiva. 



UNO

Chiuse gli occhi.
Strizzò le palpebre, in verità, le accartocciò fino ad avvertire un dolore benefico.
Si massaggiò le tempie, concentrandosi sui puntini luminosi che danzavano nell’oscurità, ne sottolineò i movimenti serrando ritmicamente i denti.
Ogni morso a vuoto, quattro muscoli in azione.
Massetere, temporale, pterigoideo esterno, pterigoideo interno.
Li rilassò. Soffiò aria gonfiando le guance.
Buccinatore. Orbicolare della bocca, forse.
Deglutì.
Digastrico, miloioideo, genioioideo.
“Laura?”
Dio, tutto questo è ridicolo. Faticoso e inutile.
“Laura, parla.”
“Frustrazione e rabbia.”
Dare un nome ai sentimenti era una cosa facile. Smith insisteva sull’intelligenza emotiva, ma Laura continuava a non capirne il senso.
Emotivamente sono un genio, cazzo.
Respirò a pieni polmoni. L’odore di Smith le confortò le narici, la fece sentire a casa, più o meno. Poi arrivò quello di Alex, più distante. Il profumo delicato dei suoi capelli, seguito da quello della pelle appena scaldata dalla tensione.
“Eccitazione”, confessò.
Il cuore di Alex accelerò un po’.
“Alessia, ti prego, mi complichi le cose”, disse Laura cercando di concentrarsi sul buio che si imponeva e sulla fisiologia delle sue dita che si muovevano nervose.
“Laura, non sto facendo niente”, rispose Alex.
“Non è vero.”
Smith la guardò, interrogativa, ricevendo un’alzata di spalle in risposta.
“Sei cambiata quando ho detto di essere eccitata”, spiegò Laura. “Gestisci meglio il mio lato aggressivo.”
Ad Alex sfuggì un sorriso. “Confesso”, si limitò ad ammettere.
“Concentriamoci su questo aspetto”, propose Smith.
“Meglio di no”, si oppose Laura. “A meno che non ti piaccia guardare”, aggiunse ghignando.
La dottoressa si era abituata alle uscite della Laura istintiva, ormai non ci faceva più caso.
“So che ritieni inutile tutto questo”, disse Smith, “ma ti assicuro che stai facendo progressi enormi. Non hai più avuto momenti di totale perdita del controllo, nonostante siano giorni che ti sottoponiamo a prove emotive anche intense. Sei vicina, Laura.”
“Può essere, ma continuo a non capire come nominare le emozioni possa aiutare a controllarle.”
“Riconoscere uno stato d’animo e attribuirgli un nome, non solo aumenta la consapevolezza, ma attiva la neocorteccia. Nel tuo caso questo meccanismo è la chiave. E’ la tecnica universale per l’autocontrollo e generalmente funziona. Tu hai qualche oggettiva difficoltà in più, in parte perché i tuoi istinti sono molto più prepotenti, in parte perché sei costantemente bersagliata dalle emozioni riflesse di chi ti sta intorno. Esattamente come sta succedendo adesso con Alex.”
“Questa particolare emozione riflessa, però”, sussurrò Laura lanciando un’occhiata significativa, ”mi piace parecchio.”
“Dovresti provare ad ignorarla”, ordinò la dottoressa.
“E’ una parola…”
“Per ora siamo riusciti ad ottenere che tu ti domini ed è già molto. Ma il nostro obiettivo è un altro. Devi imparare a frenare le tue emozioni, non solo le tue reazioni ad esse.”
“C’è differenza?”
“Eccome.  L’autocontrollo è molto utile, non fraintendermi, ma nel tuo caso può essere rischioso. E’ come se tu prendessi tutte le sensazioni forti che provi e le chiudessi in una stanza remota della tua mente. Il controllo del comportamento è una chiave per la serratura di quella porta, ogni volta assicurata da un’ulteriore mandata. Ma il punto è che quella porta non è impossibile da aprire, per quante volte tu giri la chiave. E’ teoricamente possibile, se non addirittura probabile, che ad un certo punto, per una qualunque ragione, tu non riesca più a tenere la porta chiusa. Il controllo che hai esercitato fino ad ora, ha solo immagazzinato un gran numero di esperienze forti, senza modificarne la natura. Quindi, immagina cosa succederebbe se tu spalancassi, all’improvviso, l’uscio di uno sgabuzzino stipato di oggetti pesanti. Ti ritroveresti nell’impossibilità di arginarne la caduta e ne rimarresti schiacciata. L’unico modo per renderti sicura, è eliminare la stanza. Devi arrivare a riconoscere le emozioni e trasformarle in sentimenti da abbracciare con serenità, persino quelle più terribili. Persino quando chi ti sta vicino ti stimola negativamente. E’ fondamentale che tu diventi padrona del tuo sentire, non solo del tuo fare. Dominare, in senso stretto, per eliminare la necessità di archiviare quello che ti dà fastidio, insieme al rischio che si ripresenti prepotentemente quando meno te lo aspetti.”
“Non credo ce la farò mai”, ammise Laura. “Mi chiedi di raggiungere un controllo difficilissimo per chiunque. Impossibile per me.”
Smith sospirò. Era più difficile convincere Laura del suo potenziale, che tirarlo fuori.
“Solo due mesi fa non saresti riuscita a dire semplicemente di essere arrabbiata, lo avresti dimostrato in modo cruento e incontrollabile. E sarebbe bastato veramente molto poco, perché riemergesse il tuo lato primitivo.”
“Potremmo chiamarti Lucy, quando succede”, propose Alex scherzando.
“A scanso di equivoci, anche il pessimo umorismo scatena la parte peggiore di me”, ma lo disse ridendo.
“Vedi? Ora come ora basta pochissimo per smorzare i sentimenti negativi”, ne approfittò la dottoressa, “anche solo una battuta di dubbio gusto.”
“Ehi!”, protestò Alex.
“Senza offesa.”
“Era carina”, continuò fra sé e sé.
“In realtà, hai già fatto tuo il principio della respirazione primaria.”
“Spiegati meglio.”
“Si tratta di una teoria emergente. Sostanzialmente si basa sul principio che tutto, nell’universo che conosciamo, si fonda sull’alternanza fra uno stato e il suo opposto. Inspirazione ed espirazione, diastole e sistole, litigio e riconciliazione, contrazione e rilasciamento. Il nostro corpo, le singole cellule da cui è composto, e la nostra mente, intesa come il complesso delle reazioni che hanno luogo nel cervello, si basano su questo principio fondamentale. Ora, abbracciando totalmente questo concetto, per cui ad ogni cosa segue il suo contrario, dovresti riuscire a dominare le tue emozioni e le tue percezioni. Quando sarai in grado di concentrarti sul ritmico respirare della tua mente, saprai gestire qualunque impulso questa ti comunichi. Avrai, nelle tue mani, la capacità di stabilire il ritmo con cui il tuo corpo, tutto il tuo corpo, vivrà. Secondo questa teoria, il cuore di questo meccanismo è proprio il sistema limbico. Una struttura che ha perso molta della sua importanza e delle sue potenzialità in chi è…”
“…normale…”, continuò Laura.
Smith concesse il termine e proseguì. “…ma che in te è viva. Penso tu sia effettivamente in grado di ottenere una forma di controllo che non ci possiamo nemmeno sognare.”
“Sembra una cosa fantastica”, ammise Laura con una smorfia poco convinta.
“Lo è”, confermò Smith. “Ti permetterà di avere il controllo di una parte del tuo cervello che ha un ruolo fondamentale nella regolazione di ogni funzione organica. Proprio perché tu, a differenza di tutti gli altri, ne hai consapevolezza. E anche la tua storia sarà la prova della respirazione primaria dell’universo, perché passerai dalla totale perdita del controllo di te, al dominio assoluto sul tuo corpo e sulle sue funzioni.”
“Posto che mi sembra davvero troppo ottimistica la tua previsione, ho l’impressione che si stia sconfinando nella filosofia”, osservò Laura, “e francamente da te, Smith, non me lo sarei mai aspettato.”
“Non è filosofia, è psicologia applicata alle neuroscienze. Ora, proviamo a vedere se riesci a trasformare la sensazione di eccitazione in uno stato di rilassamento.”
“Non so se sia una buona idea…”, provò Alex.
“Concordo”, si unì Laura. “Davvero, non sappiamo come andrà a finire.”
“Ragazze, è comunque più sicuro che provare a controllare la rabbia, cosa che abbiamo fatto parecchie volte negli ultimi giorni.”
“Oh beh, certo, mal che vada mi salta addosso”, Alex continuava a non essere convinta.
Il problema non era il pericolo, ma l’imbarazzo. Non sapeva prevedere come avrebbe reagito Laura ad una tentazione di quel genere, non in presenza di una terza persona, almeno. Gestire certe cose in privato era un conto, ma così…
“Sono convinta che la mia presenza, con l’aiuto di Alex, possa rappresentare un deterrente sufficiente. Laura, dovresti percepire l’imbarazzo di Alex e utilizzarlo per attivare i centri superiori. Si tratta di un sentimento complesso, abbastanza strutturato da interferire con l’attivazione dei centri primitivi. Ti prego di concentrarti su questo aspetto e cercare di visualizzare il tuo sentimento, per trasformarlo in qualcosa di più elevato. Vorrei che tu passassi dal desiderio all’amore puro.”
“Posso solo dire, a scanso di equivoci, che non sono mai stata una fan di Platone?”, tentò Laura.
“Mettetevi una difronte all’altra”, iniziò Smith, decidendo di ignorare qualunque ulteriore commento che procrastinasse l’inizio della prova.
Le ragazze obbedirono, entrambe piuttosto a disagio.
“Sai quello che stai facendo, vero?”, chiese Alex.
“Sì”, affermò decisa la dottoressa. “Dovreste cominciare ad avere più fiducia.”
“Tu sei forte, sul serio”, si scusò Laura, “ma certe volte spingi un po’ sull’acceleratore e questo spaventa.”
“Non in me, in voi”, precisò Smith.
Aspettò che fossero in posizione.
“Adesso, vorrei che tu, Laura, ti concentrassi su un particolare di Alex che ti piace. Fisico, intendo.”
“Devo parlarne, anche?”
“Se ti facilita il compito, sì.”
Laura non sapeva da dove cominciare. Tutto di Alex le piaceva. I capelli arruffati, che l’avevano sedotta dalla prima volta che si erano incontrate. Le mani, abili in un sacco di cose, con  tendini e  vene che giocavano a Twister sotto la pelle. Le gambe, dritte, allenate. Il ventre, piatto, con  muscoli che si tendevano deliziosamente sotto le sue labbra. Il seno, piccolo ma perfetto. La schiena, su cui si era addormentata un’infinità di volte.
Alex la guardò, inclinando appena la testa. Si stava chiedendo come stesse andando nella mente di Laura, a che cosa stesse pensando.
Dio, quel gesto…
Laura chiuse gli occhi. La voglia di sentire la pelle delicata del collo di Alex sotto la sua lingua stava diventando insopportabile.
Sternocleidomastoideo, scaleno, giugulare esterna, giugulare interna, carotide comune, cricoide…
“Tieni gli occhi aperti. Non devi fuggire dalle sensazioni, ma affrontarle”, ordinò Smith.
“Guardami, Rossa”, la esortò Alex infilando le mani nelle tasche dei jeans. Nel farlo li abbassò di un niente.
Quel niente fu più che sufficiente.
“Non chiamarmi così”, intimò Laura.
“Dimmi cosa provi”, proseguì Alex.
“Sei come l’ultimo numero di Playboy per uno che deve donare il seme, se mi spiego.”
Alex non si aspettava quella definizione. La imbarazzò. Nessuno l’aveva mai oggettualizzata in modo tanto schietto, men che meno una donna. Forse avrebbe dovuto offendersi, almeno un pochino, ma non fu così. L’istinto non ammette educazione.
“Hai reso l’idea”, confermò.
“E questo come fa sentire te, invece?”, volle sapere Laura.
Cercava la provocazione, ma il meccanismo le serviva anche per provare a diluire la propria eccitazione.
“Desiderata, immagino.”
“Alessia, puoi fare di meglio.”
“Sexy. Confusa, per la schiettezza.”
“Siamo sempre oneste, l’una con l’altra. E’ il bello del nostro rapporto, soprattutto a letto.”
“Sì, ok, ma non davanti a estranei.”
“Smith, ormai, è diventata parte integrante di noi. Secondo me ci spia anche quando siamo da sole.”
Qualcosa stava cambiando, lo percepirono chiaramente tutte lì dentro. Tranne, forse, Laura.
“Non è male. Ti piace?”, continuò Laura.
“E’ una persona gradevole e capace”, rispose Alex, sapendo che non era quello il punto. Ormai la conversazione si svolgeva come se fossero state effettivamente sole.
“Pensavo a una cosa a tre”, la voce roca tradiva quella sete che preannunciava guai.
Alex lanciò un’occhiata a Smith, che osservava imperturbabile. Pareva impermeabile alle parole di Laura. La invidiò.
“Non mi va l’idea di dividerti con qualcuno”, rimandò. Non sapeva quale fosse la giusta linea da seguire.
“Dovresti pensare che le opportunità si moltiplicano, invece.”
Laura fece un passo avanti e sfiorò con le dita il profilo della cerniera dei jeans che indossava Alex.
“Non la toccare”, impose Smith.
“Preferisci che cominci da te?”, chiese Laura.
“Concentrati su Alex, sul desiderio che provi per lei. Quanto è intenso?”
“E’ quasi insopportabile.”
“Bene. Ora immagina di averlo già soddisfatto. Cosa provi quando la guardi, dopo?”
“Gratitudine, di solito”, rispose Laura con un sorriso complice.
Il disagio di Alex crebbe, a beneficio di tutti.
“E amore”, confessò subito dopo.
“Sostituisci il desiderio di adesso con quell’amore.”
“Ora come ora non mi frega niente dell’amore”, confessò.
“Sforzati.”
“Come posso riuscirci, Santo Cielo?”
“Rivivi l’alternanza delle emozioni che ti sono familiari. E’ un percorso che hai fatto tante volte, senza rendertene conto. Basta solo riprenderlo.”
Laura si chiese come fosse possibile imporsi di provare un’emozione. Le cose non funzionano così, di solito. Non si può amare a comando. Ovviamente il sentimento per Alex era sempre lì, insieme a lei, ma dormiente. L’amore è una di quelle cose che non avverti quando funziona. Insomma, non si ha la percezione del cuore che batte, né dei polmoni che respirano. Ci sono e basta. E di solito ti accorgi di loro quando qualcosa non va, sono fatti così. L’amore è uguale, lo senti quando sta per morire, quando cercano di portartelo via, quando pensi sia rimasto solo a te. Allora ti arriva addosso come un treno merci, devastante. Oppure, a volte, dopo il sesso, quando la fisicità ne ha preso il posto per un po’. Dopo che ti sei concentrato sul piacere, arriva l’amore a riprendersi quello che è suo. A ricordarti che è stato lui a spingerti in quelle braccia, a permettere quello che è successo dopo. Poche cose danno sui nervi all’amore, come essere confuso con il desiderio.
Laura si concentrò per richiamarlo a sé. Lo stuzzicò, lasciandosi andare a ciò che provava per la sua ragazza. Si sentì annegare nella voglia di toccarla, ma anziché trattenere il fiato, decise di respirare a pieni polmoni, contro ogni logica e ignorando la tentazione di sfuggire.
Immaginò di riempire la testa, le mani, le gambe, il ventre di quella sensazione così concreta e di lasciarla fluire da essi.
Dentro, fuori. Dentro, fuori.
Lentamente affiorò, prima lambito dalle onde calde che spingevano Laura verso Alex, poi da solo. Continuò così, fino a quando non rimase più traccia del sentimento iniziale.
Guardò Alessia e si sentì in pace.
“Ci sono”, dichiarò. Era stupita. E felice, come non capitava da…oddio, talmente tanto tempo che nemmeno se lo ricordava.
Alex inclinò la testa, accompagnando il gesto con occhi sorridenti.
Smith annuì soddisfatta.

Festeggiarono quella piccola vittoria con un silenzio denso di aspettative.

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