Vi
propongo un involontario, ma interessante esperimento antropologico, di cui ho
avuto notizia.
Il
capo di un gruppo di medici lancia una sfida ai suoi collaboratori. Li invita a dimostrare che non è vero quel che si dice sui medici,
cioè che sbagliano perché non ragionano, rispondendo ad un quesito logico-statistico. Si raccomanda, a chiosa, di non deluderlo e auspica la
collaborazione per fornire la risposta giusta. Al di là dell’aspetto
strettamente inerente la tenzone matematica (il quesito non era di immediata soluzione e richiedeva, oltre che capacità logiche, anche una buona conoscenza della statistica), ho trovato interessante lo
sviluppo.
Prima di tutto, nessuno chiede aiuto agli altri. Ognuno vuole fare, o non fare, da sé.
Uno
dei medici risponde al tempo quasi zero, sbagliando. Lo fa per il desiderio di
dimostrare il suo valore, perché si sente perennemente e ingiustamente
sottovalutato.
Il
secondo medico risponde subito dopo aver letto il quesito, sbagliando. Lo fa
perché lo legge di fretta, mentre sta facendo altro, sottovaluta la difficoltà
della domanda per superficialità, ma non riesce a resistere alla tentazione di
raccogliere il guanto di una sfida per carattere.
Il
terzo medico risponde giusto, molto velocemente, senza dare una spiegazione. Lo
fa perché conosce già la risposta (in realtà il problema girava su internet da
un po’ e il terzo medico lo sapeva), ma non si preoccupa di verificarne la
correttezza; si fida di quel che si dice. Il capo del gruppo lo elogia d'istinto, prima di sapere come ha fatto a dare la risposta esatta.
La
maggior parte del gruppo non ribatte. Le motivazioni, probabilmente, sono
svariate, ma certamente una di queste è fingere disinteresse per sottrarsi ad
una prova.
La sfida logica si è, di fatto, trasformata in un esperimento che ha dimostrato che davvero tutti i medici
sbagliano e lo fanno per tanti possibili motivi, che nulla hanno a che fare con la capacità di ragionare. Eccesso di zelo, voglia di affermazione,
superficialità, ignoranza, presunzione, fretta, distrazione, pigrizia, indolenza, stanchezza,
eccessiva fiducia, narcisismo. E siccome, nel
nostro lavoro, evitare di dare una risposta equivale a sbagliare, un medico può
sbagliare anche solo per la paura di farlo.
Che
cosa si può desumere da tutto questo?
Le cause possibili di errore sono troppe
per pensare di annullarle tutte e spesso sono la conseguenza delle mille sfumature che ci colorano, rendendoci quello che siamo. Sono convinta che l’unico vero errore imperdonabile
sia il non avere intenzione di imparare dai propri errori.
Credo che il gruppo
di medici in questione sia un campione rappresentativo della popolazione generale,
almeno per quel che riguarda le attitudini e il temperamento. Un caleidoscopio di sentimenti ed emozioni, come chiunque altro. Imperfetti, come chiunque altro.
In altre parole, esseri umani, come chiunque altro. Non calcolatori.
E, lasciatemelo dire, vive la difference!

Nessun commento:
Posta un commento